Quali sono i benefici del reddito di base

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Non si tratta d’un sussidio; è uno strumento per realizzare un diritto: quello di vivere in condizioni dignitose.

Nel 2017, uno studio dell’ISTAT [1] stimava che in Italia vivessero in povertà assoluta [2] 1 milione e 778 mila famiglie residenti composte da 5 milioni e 58 mila persone; rispetto al 2016 questa condizione era cresciuta sia in termini di famiglie che di individui. A testimonianza del ruolo centrale del lavoro e della posizione professionale, la povertà assoluta diminuisce – ma non cessa – tra gli occupati (sia dipendenti che indipendenti) e aumenta tra i disoccupati.

Una persona si considera povera, dal punto di vista statistico, secondo la definizione dell’Unione Europea, se possiede un reddito inferiore al 60% di quello medio dell’area geografica di riferimento.

Oltre che a sradicare la povertà, il reddito di base ha un’importante connessione tanto col miglioramento della salute quanto con la libertà personale.

Se ci riferiamo alle donne, il reddito di base permette loro di uscire dalla dipendenza economica che alimenta molte altre forme di violenza: sessuale, fisica e psicologica. Certamente l’indipendenza economica non risolve alla radice la discriminazione di genere ma la donna, contando su tale reddito, può avere la forza e il tempo per affrontare questo problema.

Se ci riferiamo ai giovani, il reddito di base permette loro di decidere liberamente se dedicarsi allo studio o a un impiego. In quest’ultimo caso, permette di non essere costretti a emigrare in altri Paesi [3]. Permette ai giovani di emanciparsi con maggiore facilità dai genitori, di sviluppare il proprio progetto di vita prima di quanto avviene attualmente.

Ancora, il reddito di base libera dalla pressione di dover accettare un impiego a qualunque prezzo. Aumenta la capacità di negoziazione da parte dei lavoratori. È inaccettabile che alcuni debbano lavorare in condizione di semi schiavitù. Come è egualmente inaccettabile che, pur di avere un lavoro e quindi la possibilità di sopravvivere, molti siano costretti a sottomettersi a condizioni umilianti o ad accettare contesti ambientali di lavoro (retribuzione, relazioni interpersonali con pari e superiori, locali insalubri, carenze nella sicurezza, procedure dell’impresa) assolutamente negativi quanto non in aperta violazione delle norme contrattuali o anche penali.

Una ricerca abbastanza recente sul grado di soddisfazione delle condizioni di lavoro, può rappresentare un indice di riferimento:

appare chiaro come chi si considera “abbastanza” o “molto” soddisfatto trovi una correlazione positiva con l’età anagrafica e con il titolo di studio: i “soddisfatti” passano dal 63,5% nella fascia 25-34 anni fino a 71% in quella 55-64 anni. La relazione con l’età è ipoteticamente riconducibile al processo di stabilizzazione, la correlazione positiva con il titolo di studio è collegabile al maggior livello di utilità tra percorso di studi e lavoro svolto [4].

In sostanza, secondo questo studio, tra il 29% e il 37% circa degli intervistati non risulterebbero soddisfatti del proprio lavoro.

Sullo stesso piano si può leggere la tesi che sostiene:

più del 20% dei lavoratori dell’Unione Europea crede che la sua salute sia a rischio a causa dello stress nei luoghi di lavoro. E si calcola che i costi derivanti dallo stress legato all’attività lavorativa ammontino a circa 20 milioni di euro l’anno [5].

Il reddito di base può rappresentare lo strumento per garantire anche la salute delle persone vulnerabili ovvero di quelle che soffrono l’instabilità economica e la precarietà lavorativa. In proposito, occorre fare riferimento al concetto di salute per come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: «la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattie o infermità» [6].

Malattie psichiche come la depressione, l’ansietà, l’insonnia, le dipendenze o le condotte autolesionistiche sono spesso in relazione con le situazioni di insicurezza lavorativa e quindi economica.

La crisi economica ha aumentato le infermità mentali, il consumo di psicofarmaci, il numero dei suicidi.

Osservatorio Salute” [7], a proposito del solo consumo di antidepressivi, elaborando dati OsMedia-AIFA, accerta che in Italia la prescrizione di tali farmaci è aumentata da 30,08 a 39,87 dosi giornaliere per mille abitanti tra il 2006 e il 2017 con un picco in Toscana (da 46,89 a 60,96) [8].

Contemporaneamente, sempre in Italia, “Osservatorio Salute” evidenzia come il tasso standardizzato dei suicidi sia pari a 13,11 ogni 100.000 uomini (le donne, invece, si fermano a 3,37).

Altri autori citano, infine, tra i possibili benefici derivanti dall’introduzione del reddito di base, quello della riduzione della criminalità. Tuttavia, gli studi su questo aspetto non risultano univoci.

In proposito, appare tranciante lo studio di Riccardo Marselli e Marco Vannini. Gli autori, prima scrivono:

è intuitivo infatti che una persona senza lavoro, che vive una condizione materiale, mentale e sociale di forte disagio, può essere tentata di commettere un reato molto più facilmente di una persona che possiede un’occupazione [9].

Poi, però, continuano precisando come «molte analisi riguardanti il legame sia teorico che empirico fra condizioni del mercato del lavoro e criminalità […] non abbiano portato a conclusioni univoche» pur confermando l’esistenza di una «varietà di meccanismi attraverso i quali la disoccupazione può influenzare la criminalità».

Nella ricerca, tra questi meccanismi, si cita quello che suggerisce come «la percezione della disoccupazione come un qualcosa di ingiusto può contribuire ad un abbassamento del grado di rispetto delle norme sociali e, per questa via, ad un aumento dei reati».

Note

[1] ISTAT (2018, o.l.), La povertà in Italia, report statistico anno 2017.

[2] La soglia di povertà assoluta rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia. Una famiglia è assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a tale valore monetario.

[3] Negli ultimi dieci anni le emigrazioni sono più che triplicate passando da 51 mila ai 157 mila del 2016, di cui 114.512 italiani. I cittadini italiani cancellati hanno scelto preferibilmente come destinazione Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia. Inoltre, nel 2016, sono stati 1 milione 331 mila i trasferimenti di residenza all’interno dei confini nazionali. Di questi, 324.697 (quasi un quarto) hanno scelto una regione diversa da quella di provenienza. La principale direttrice degli spostamenti è, ovviamente, sempre sull’asse Mezzogiorno/Centro-Nord. Fonte: ISTAT (2017b, o.l.), Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente.

[4] IRES (2012, o.l.), Istituto ricerche economico sociali dell’Emilia Romagna, Le condizioni di lavoro e di vita in provincia di Bologna, pag. 55. Ricerca presentata in occasione della Conferenza provinciale del lavoro tenutasi il 25 febbraio 2012. Scaricabile sul sito della CGIL-Emilia Romagna.

[5] PUNTOSICURO.IT (2013, o.l.), L’organizzazione lavorativa e l’analisi dei fattori di stress, che riporta gli Atti del seminario realizzato il 31 gennaio 2013 a Firenze, a cura della Regione Toscana e dell’Azienda Sanitaria 8 di Arezzo.

[6] WHO.INT, Organizzazione Mondiale per la Sanità (1946, o.l.), Costitution de l’Organisation Mondiale de la Santé sottoscritta il 22 luglio 1946 al termine della Conferenza internazionale per la salute tenuta a New York.

[7] OSSERVATORIOSULLASALUTE.IT (2017 o.l.), Rapporto Osservatorio Salute, pag. 258 e 267.

[8] A questi dati occorre aggiungere i consumi di “antipsicotici” pari a 9,3 DDD/1.000 abitanti nel 2017 e di “benzodiazepine” (ovvero “ansiolitici”, “ipnotici” e “sedativi”) pari a 50,6 DDD/1.000 abitanti nel 2017 (Fonte: AIFA.GOV.IT (2018, o.l.).

[9] MARSELLI Riccardo – VANNINI Marco (2010, o.l.), Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità? in Rivista di Politica Economica. Numero di ottobre, pag. 273-299.

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4 risposte

  1. Natascia ha detto:

    Quando arriverà la domanda per il reddito di base lo stiamo attendendo da molto tempo c’è chi ne a veramente bisogno, io per prima sono rimasta sola con due figli e per me la difficoltà economica è molto presa male speriamo che questa domanda reddito di base venga prima possibile o una casa 2 figli bollette d tanto altro noi vogliamo a vere fiducia su di voi prima possibile grazie

  2. Luca Martinelli ha detto:

    Ero totalmente contrario al reddito di base o di cittadinanza, ma leggendo bene tutto devo ammettere che ha dei punti di forza. Ovviamente come ogni azione fa bene da una parte e male dall’altra. Andrebbero rinforzati i controlli su chi lo percepisce e contemporaneamente lavora in nero, sulle truffe organizzate, e di chi conosco io a Milano a nessuno è mai stato offerto un lavoro tale da poter permettere di sospendere il reddito. Figuriamoci nel sud. Bisognerebbe avere la possibilità di offrire del lavoro.

  3. Marina ha detto:

    Come sempre fa no una cosa buona e l, aboliscono subito… L,RDC non lo percepiscono solo i giovani, che sono il ns futuro, e invece non han voglia di sudarsi la pagnotta…ma anche chi ha lavorato, 32 anni, e a 57 anni è già spaccato da neuropatie e discopatie, è invalido e nonostante tutto non lo mandano ancora in pensione! …. Ci vogliono fare morire prima del tempo, e sicuramente ci riescono…dato che non riusciamo nemmeno a pagarci l, affitto!

  4. Redazione ha detto:

    Cara Marina, no vogliono farci morire prima del tempo. Vogliono schiavi. Schiavi e ubbidienti. Questa è la legge del capitalismo, dell’economia di mercato. Occorre lottare per abbattere, assieme, l’economia di mercato e il capitalismo. Anche tu devi lottare.

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