Il Reddito Universale Incondizionato per spezzare la schiavitù del lavoro

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«Finché le nostre risorse economiche dipenderanno dal lavoro noi saremo ostaggi di coloro che possono darci il lavoro quando ciò è nei loro interessi e che possono togliercelo dall’oggi al domani secondo la stessa logica» [1]. Lo scrive Abdennour Bidar in un saggio pubblicato lo scorso maggio. Il titolo è chiaro ed eclatante per i tempi in cui viviamo: Libérons-nous des chaîns du travail et de la consommation (liberiamoci dalle catene del lavoro e del consumo).

Se ci fosse bisogno, Bidar prova a essere ancora più chiaro: «Noi siamo schiavi del capitalismo mondiale che distribuisce il lavoro secondo un solo obiettivo: il profitto» (2018:12).

Prosegue lo scrittore francese:

in tutto il pianeta ci sono miliardi di persone che non hanno alcuna scelta per vivere, o sopravvivere, che accettare la schiavitù del lavoro […] La debolezza dei loro guadagni li mantiene e li costringe nella povertà e li obbliga a cumulare i lavori – sovente tre contemporaneamente – pur di non colare a picco (2018:13, 26-27).

Ci sono soluzioni a questo stato di cose? Ci possono essere politiche del lavoro che riequilibrino diritti e produzione? Per l’autore no. Scrive netto Bidar:

Durante tutta la seconda metà del XIX secolo, e poi nel XX secolo, gli uomini e i popoli si sono battuti per fare riconoscere e rispettare i diritti dei lavoratori […]. La sfida era quella di moralizzare il capitalismo di conciliare la legge del profitto e la giustizia sociale. La sfida l’abbiamo persa (2018:39-40).

Dobbiamo allora rassegnarci a queste catene?

Abdennour Bidar prospetta una soluzione, che è poi quella dell’economista britannico Guy Standing, il fondatore di BIEN (Basic Income Earth Network): il reddito universale di base incondizionato.

Il concetto è stato sottolineato da Vittorio de Filippis su Liberation nel 2015. «Questo diritto incondizionato a un Reddito di Base – scrive – permetterà di esercitare ciò che il filosofo politico John Rawls chiamava “le libertà fondamentali”: l’educazione, la cultura, l’alloggio, la salute, la sicurezza». [2]

Abdennour Bidar non ha dubbi:

La prima cosa che mi ha convinto della giustizia del Reddito Universale è che quasi unanimemente le nostre élite sono contro. Dirigenti politici, giornalisti, intellettuali, padroni, imprenditori […]. Io ho visto la quasi totalità di questa classe dominante alzare gli occhi al cielo e dire: “Impossibile”, “Irrealista”, “Come la finanzieremo?” […] La seconda cosa che mi ha convinto è stata una altra obiezione ascoltata anch’essa cento volte […]. Se si dà del denaro alle persone per non fare nulla, queste vorranno restare a crogiolarsi nel proprio divano (2018:46-47).

Note

[1] BIDAR Abdennour (2018), Libérons-nous des chaîns du travail et de la consommation, pagg. 12-13, 26-27, 39-40, 46-47, Paris, Les Liens qui Libèrent (traduzione dell’autore).

[2] LIBERATION.FR (2015, ol.), Le revenu universel, vecteur «d’émancipation» ou «d’individualisme»

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Una risposta

  1. Massimo ha detto:

    Sarebbe bello, ma purtroppo non ci sono le risorse. Poi se tutti decidessimo di non lavoratore i beni primari chi li produrrebbe? Il pane, il latte, le carni ecc, È i beni tecnologici come po, telefonini ecc? . Purtroppo resta un’utopia.

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